Made in Italy: contro la contraffazione agroalimentare necessario fare sistema

La contraffazione agroalimentare non si combatte con la chiusura dei mercati. Per tutelare il Made in Italy dalle frodi, dalle infiltrazioni malavitose e dall’italian sounding, è necessaria una politica commerciale chiara, con la definizione di un sistema internazionale di concorrenza leale, regole di trasparenza comuni sull’origine del prodotto e una vera e propria alleanza con i consumatori. Così Cristina Chirico, responsabile per l’internazionalizzazione della Cia-Agricoltori Italiani, in occasione di Milano Food City, partecipando oggi a Palazzo Isimbardi al workshop sul tema a cura del Centro Studi Anticontraffazione, all’interno di “In the mood for food”, una giornata dedicata alla sostenibilità alimentare.

Bisogna trasferire la lotta alla contraffazione alimentare in Unione europea, dove è alta l’attenzione verso la difesa del consumatore, ma dove spesso prevalgono ancora gli interessi commerciali di una nazione, com’è successo di recente con l’etichetta a semaforo. In questo senso -secondo la dirigente Cia- occorre allargare lo spazio di azione al diritto comunitario, costruendo una chiara e univoca definizione di frode alimentare in grado di superare le notevoli differenze interpretative tra i vari Stati membri. Allo stesso modo serve unire e armonizzare le attività di contrasto a livello comunitario.

Più in generale, in un quadro geo-economico in continua evoluzione, dove il commercio globale è collegato a numerosi passaggi e responsabilità frammentate, è necessario dar vita a un sistema di connessione tra sistemi doganali, autorità pubbliche e imprese che, oltre il controllo, posizioni su un livello di prevenzione condivisa la strategia di lotta alla contraffazione. Non è possibile assicurare un’efficace azione di controllo e repressione su un fenomeno di portata globale controllato da autorità nazionali diverse ed eterogenee. Occorre incidere con azioni di sistema per la garanzia di tracciabilità alla base degli scambi, la banca dati comune di riconoscibilità dei prodotti autentici, l’analisi dei flussi merceologici e finanziari dei soggetti economici e contro i fenomeni delle importazioni temporanee illecite e delle triangolazioni doganali.

Contemporaneamente, serve promuovere il vero Made in Italy sui mercati stranieri, come sta facendo la Cia con il suo Piano di promozione internazionale, portato avanti con partner come Gambero Rosso, Centro Studi Anticontraffazione e Valdani e Vicari. In questo modo -conclude la dirigente della Cia- vogliamo tutelare il nostro bene più prezioso, l’agricoltura e il cibo, farli crescere e conoscere sempre di più all’estero, proteggendo l’immagine e la reputazione degli agricoltori italiani, troppo spesso distrutta da frodi, allarmi e scandali alimentari.